Stampa 2021
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Recupero degli oli vegetali obiettivo possibile

Confartigianato Imprese Emilia-Romagna e Gruppo Hera hanno firmato oggi un protocollo d’intesa con valenza regionale per raccogliere gli oli vegetali esausti (quelli che rimangono al termine delle preparazioni alimentari) prodotti dalle attività degli associati e destinandoli al recupero attraverso la trasformazione in biocarburante, grazie a un accordo con Eni. Alberto Camporesi, responsabile del servizio Ambiente e Sicurezza di Confartigianato di Forlì, commenta “è un’occasione fondamentale per le imprese del territorio forlivese, attraverso la convenzione, i nostri associati del settore hanno l’opportunità di smaltire gratuitamente gli oli vegetali esausti in maniera sostenibile, un indubbio vantaggio per gli imprenditori e per l’ambiente.”

A garantire la sostenibilità e la trasparenza del percorso c’è una filiera, totalmente certificata da un ente esterno, che genera emissioni di gas serra dieci volte inferiori rispetto alla produzione di gasolio da fonti fossili. Il protocollo sarà valido per tutto il 2022 e poi rinnovabile di anno in anno. La collaborazione nata è in linea con l’agenda dettata dall’Unione europea, di responsabilizzare sempre di più i soggetti che sono coinvolti nella produzione e gestione dei rifiuti e di promuovere processi concreti nell’ottica dell’economia circolare. Le attività che producono oli vegetali esausti come risultato dei propri servizi, come ristoranti, alberghi con ristorazione o industrie alimentari, associate a Confartigianato, potranno aderire al progetto.

In questo caso, Hera fornirà contenitori dedicati delle dimensioni idonee alle loro necessità e agli spazi a disposizione, da utilizzare per la raccolta degli oli prodotti nelle cucine. Gli oli vegetali esausti così recuperati verranno poi inviati, previa lavorazione, alla bioraffineria Eni a Porto Marghera, per essere convertiti nel biocarburante HVO, uno dei componenti per la produzione del gasolio Eni Diesel+, nell’ambito dell’accordo quadro di economia circolare siglato da Hera con Eni. In questo modo gli oli diventano una materia prima seconda che permette, almeno in parte, di evitare il ricorso al carburante di origine fossile. La filiera di recupero degli oli di Hera è interamente tracciata e certificata da un ente terzo che ne sancisce la sostenibilità: il processo in tutte le sue fasi, dalla raccolta territoriale al pretrattamento fino alla produzione del biocarburante, genera, infatti, emissioni di anidride carbonica circa dieci volte inferiori rispetto alla produzione della stessa quantità di gasolio di origine fossile. Considerando che, in Emilia-Romagna, sono associate a Confartigianato circa 1.000 imprese nel settore interessato, si potrebbe potenzialmente evitare l'emissione di circa 10.000 tonnellate di anidride carbonica all’anno. Secondo i dati prodotti dal Conoe (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e grassi esausti sia di origine vegetale che di origine animale), ogni anno in Italia si producono circa 260mila tonnellate di oli vegetali esausti, di cui 94 mila tonnellate dai settori professionali (industria, ristorazione e artigianato). Complessivamente solo un quarto viene correttamente conferito. Tutto il resto viene disperso nell’ambiente oppure gettato negli scarichi. Quella di gettare in modo improprio gli oli vegetali esausti è dunque una pratica comune, ma estremamente dannosa, in primis per i sistemi fognari e depurativi, che a causa dei grassi presenti nei reflui non riescono a operare in modo efficiente e richiedono maggiore manutenzione, con aggravio dei costi a carico degli utenti di quel servizio e per l’ambiente, perché gli oli esausti sono estremamente nocivi sia per la flora sia per gli ecosistemi acquatici.

Un inciampo nel percorso di riforma della Non Autosufficienza

“Nonostante gli impegni assunti dal Governo nei confronti dell’Europa con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con il quale si dovrebbe procedere a una riforma della non autosufficienza e della disabilità, la Manovra finanziaria da 30 miliardi del Governo stanzia solo 100 milioni a questo scopo, cifra che mette a rischio il percorso di riforma che colmerebbe un vuoto nel nostro assetto legislativo.” È quanto affermano i vertici di Anap Confartigianato dopo la diffusione del testo definitivo del disegno di Legge di Bilancio presentato in Parlamento per la sua approvazione. In effetti la Legge di Bilancio stanzia, per il 2022, solo 100 milioni di euro per i servizi domiciliari sociali erogati dai Comuni agli anziani non autosufficienti. Dunque, 200 milioni in meno di quanto previsto dal Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, a cui aderisce anche Anap, che aveva chiesto che l’1% delle risorse stanziate con la Legge di Bilancio – ossia 300 milioni su 30 miliardi – fosse destinato a costruire un rafforzamento stabile dei servizi di assistenza domiciliare erogati dai Comuni. “Sebbene la manovra li configuri come livelli essenziali delle prestazioni, così come da noi richiesto, si prevede per questi servizi appena lo 0,3% del totale delle risorse investite. Somma residuale, rispetto alle esigenze degli anziani e delle loro famiglie”, dichiarano le organizzazioni del Patto. “Con tali risorse non solo si potrà fare ben poco per invertire la tendenza rispetto alla scarsità attuale delle risposte fornite a questa fascia di popolazione – oggi riceve domiciliarità sociale appena l’1,3% degli anziani – ma anche per le prospettive di riforma. Nelle intenzioni del Patto, infatti, le maggiori risorse per la domiciliarità sociale avrebbero dovuto affiancare i nuovi fondi previsti nel PNRR per la domiciliarità sanitaria delle Asl, pari nel 2022 a 584 milioni, per iniziare a realizzare nei territori quelle risposte unitarie e integrate, tra Comuni e Asl, che rappresentano la migliore risposta per gli anziani”. “Chiediamo – concludono le organizzazioni – che nel passaggio parlamentare si proceda a un reintegro dei fondi. A tal fine presenteremo degli emendamenti sui quali chiediamo il sostegno unitario di tutte le parti politiche”.